29 Dicembre. Ore 8.45. Il giorno del mio 26esimo compleanno. Parcheggio del Santuario. Montagna Spaccata.
Ho sempre odiato il mio compleanno. Viene in mezzo alle feste, fa freddo, gli amici mi cagano poco. In più ho sempre avuto grandi aspettative che mi hanno automaticamene portata a grandi delusioni.
Ma oggi è un giorno diverso. Oggi ho deciso di non aspettare che siano gli altri a festeggiarmi… oggi ho deciso di fare unicamente affidamento su me stessa. Beh, su me stessa e su Giulia, legata con me.
Corriamo come delle matte sul sentiero che porta alla Montagna Spaccata, non per la voglia di scalare – che per carità, c’è – ma perchè il caffè caldo della mattina sta cominciando a fare il suo effetto.
Più leggere arriviamo allo spiazzale da cui ci si cala nella via dei camini. Ma sarà questo?? bah. Cinicischiamo un po’, decidiamo che è il punto giusto, inizio le calate. Abbiamo solo una singola da 80 mt, è la prima volta che scendo da prima in calata, è la prima volta che Giulia si cala. Mentre alla prima sosta l’aspetto ripenso che forse dovevo dedicare più tempo a spiegarle come scendere. ghghghghg.
Man mano che scendiamo riconosco la via, Giulia si rilassa, la corda non s’incastra. Tutto sembra filare alla perfezione fin quando non c’arrivano delle mezze in testa e un tipo – il t-i-p-i-c-o caino- ci raggiunge in sosta. Mi velocizzo e scappo giù, lasciando Giulia in pasto al signore (non a QUEL signore!!) che comincia a criticare le nostre scelte. Penso che un personaggio del genere aspetti un’intera vita una cordata di ragazze che fanno le doppie con una singola, con la seconda senza prusik, per dar loro una bella lezione di teoria dell’alpinismo. (AAA nessuna persona è stata messa in pericolo nello svolgersi di questa avventura. nessun cane maltrattato. solo affamato. e la corda la tenevo io dal basso)
Non so bene cosa si siano detti, ma Giulia scende imprecando.
La corda non ci cade in acqua. siamo vive e trepidanti all’attacco della via scelta. La Croce del Sud.
Una pisciatina in cengia e parto per il primo tiro mentre il sole mi bacia la schiena, il vento mi accarezza i capelli, e il mare…<<Ehm, Ciccia, c’hai l’imbrago slacciato.>> Rewind, Restart.
Il primo tiro fila liscio che è un piacere scalarlo. La sosta poi è su una comoda cengia, che mi invita a prendere il sole mentre recupero Giulia.
Parte lei per il secondo. Arriva in sosta, la prima aerea, e il tempo scorre. Non so bene cosa stia succedendo ma ci sta mettendo più del previsto ed intanto vedo che sta parlando con i ragazzi sulla via affianco. Bah. Aspetto. Quando arrivo in sosta scopro per la seconda volta che forse era meglio fare un ripassino. Non sarò stata “un’insegnante” (che poi da insegnare io c’ho ben poco) attenta e premurosa, però ho fatto bene a regalarle la Daisy per Natale!
Il terzo tiro è stupendo ma ci metto un po’ a capirlo. Uno zig zag sullo spigolo che appena mi trovo a sinistra mi affaccio e trovo lo spit in basso a destra. Dopo un bel po di sali scendi zig e zag arrivo in sosta. La corda fa un attrito della madonna e recupero Giulia a fatica.
Arriva in sosta tremante e con le labbra viola dal freddo. Mentre scalavo il vento ha cominciato a tirare fortissimo ed il cielo si è annuvolato.. e la sosta sullo spigolo da cui mi faceva sicura era tipo la prua del Titanic.
é talmente infreddolita che non riesce a smettere di tremare. Mi sento in colpa. Tiro fuori il piumino dallo zaino, glielo metto addosso, e lì, appese come salami l’abbraccio forte cercando di riscaldarle lo spirito. Mi rendo conto che il regalo di compleanno più grande me lo sta facendo lei adesso, affidandosi a me senza vergogna.
Mi passa il turno, nonostante le abbia consigliato di scalare per scaldarsi, e parto per il tiro finale, scegliendo di passare a sinistra su Super-Spiderman.
Sono stanca, ho 4 giorni di scalata sulle braccia e mi sento la responabilità di uscire da questa via il prima possibile. Non capisco bene qual è la linea, passo un po di qua e un po di la e ad un certo punto mi inchiodo. Sono acciaiata! su una via lunga? come è possibile???
Percepisco qual è il movimento che devo fare, torno indietro, sghiso. Passano momenti infiniti, esce il sole, e i ragazzi che erano affianco a noi prima, dal belvedere, cominciano ad incitarmi: <<Alèèèèèèèè>>. Prendo la decisione e parto. E scalo come se fossi in falesia e non a 150 metri sul mare su uno spigolo super esposto. Il corpo si muove in automatico, la testa è in standbye. Bilancio, alzo i piedi in bocca, esco sul facile. Mi sento carica. Sento di non aver mai scalato così bene in vita mia.
(direte so boni tutti a fa gli sciolti sul 6a+)
Arrivo su un terrazzino, vedo che mancano pochi metri alla fine della parete, ma voglio restare un altro po’ lì, e far conquistare la “vetta” a Giulia.
Arrivo su, i nostri vicini di via si stanno spisciando dalle risate a vedere Giulia, la ragazza che non si ricordava come si recuparava il secondo, recuperarmi tutta sciolta a braccio.
La mia è una festa semplice: non c’è dolce e le uniche invitate sono sporche e malvestite, la candela è un cero della madonna.
Siamo affamate di vita. Il furgone si riempie di fumo di pollo al curry ( e non solo). Mangiamo e beviamo come se non ci fosse un domani, che poi, alla fine, sti cazzi di domani.
Grazie a Mattia e Leonardo per le foto, per gli incitamenti, e per i corsi accelerati di alpinismo base.